Nella Laguna di Orbetello la pesca ha una lunga storia ed è un'attività fondamentale per l'economia dell'area; i pescatori usano da sempre metodi tradizionali di cattura delle anguille, come il lavoriero e il martavello. Modernizzate nel tempo, queste tecniche mantengono le loro caratteristiche di sostenibilità: il pesce, infatti, arriva spontaneamente, secondo la stagionalità e le maree, senza l’uso di mangime esca.
La pesca dell'anguilla
In Maremma la cucina del pesce è piuttosto recente, costruita su ricette tradizionali meridionali o insulari, giunte con i pescatori che si sono trasferiti, nonostante la pesca su queste coste vanta origini etrusche. L'unico pesce che si mangiava era l'anguilla perché ne erano pieni i fossi.
Si pescava con la “mazzacchera”, un filo al quale erano attaccati come esca grappoli di lombrichi.
L'assurdo è che oggi l'anguilla è registrata come "in pericolo critico" dalla Lista Rossa IUCN (Unione internazionale per la conservazione della natura), che è il gradino immediatamente precedente l'estinzione in natura. A causa del loro peculiare ciclo riproduttivo (tutte le anguille si riproducono nel Mar dei Sargassi), questa specie non è allevabile in cattività per ripopolamenti se non catturando il novellame al loro ritorno dalla migrazione. La principale causa del pericolo di estinzione, sembra, non sta nell'inquinamento (a cui l'anguilla è poco sensibile) ma all'eccessivo sforzo di pesca.
Il sapore dell’anguilla è molto intenso, dolciastro. Le sue carni sono molto grasse ma soprattutto di grassi alleati della salute ( acidi grassi monoinsaturi e omega 3 ) e quindi ipercaloriche, 260 kcal/hg, (un valore paragonabile a quello della pancetta); è fonte di dosi elevate di colesterolo ma anche di fosforo e potassio. Non è sicuramente un pesce da mangiare tutti i giorni ma ogni tanto merita trasgredire! La cottura che meglio lo “sgrassa” è quella alla brace.
Due sono le ricette tipiche di Orbetello: l'anguilla sfumata e lo scaveccio.
La ricetta dell'anguilla sfumata
Le sue origini risalgano al Cinquecento quando gli Spagnoli dominavano l’Argentario, facente parte dello Stato dei Presidi. “Los navegantes” erano abituati ad affumicare il pesce per poterlo conservare più a lungo e mangiarlo durante la navigazione.
Una volta pescate le anguille vengono aperte, eviscerate, pulite e messe in infusione in una marinatura a base di aceto e sale. Dopo un paio di ore vengono estratte dalla marinatura, infilate in appositi spiedi e lasciate essiccare al sole e al vento di tramontana. Poi le anguille vengono spennellate con il “pimento”, una salsa ottenuta con peperoncino, peperone, olio, sale e aceto, e affumicate per 40 minuti con legna dai forti contenuti aromatici come quella proveniente dalla macchia mediterranea.
Complicata da riprodurre a casa? Sicuramente sì! Ma a Orbetello l’anguilla sfumata confezionata sottovuoto si trova facilmente anche al supermercato e può essere utilizzata per preparare molti piatti, come pasta e risotto, anche se, secondo me, il modo migliore per gustarne a pieno il sapore è fatta a fettine sottili su semplici crostini di pane toscano imburrati. Abbinati a un vino rosso non invecchiato come il Morellino saranno perfetti come antipasto. Se non l’avete ancora provata segnatela tra i prodotti tipici dei Pescatori della laguna di Orbetello da assaggiare!
Ricetta dello "scaveccio"
La ricetta dello "scaveccio" viene tramandata dal periodo di dominazione spagnola della città, nel XVI secolo. Il suo nome deriva dallo spagnolo “escabece” che è un tipico modo di trattare il pesce in Spagna. E' una tipica ricetta in cui l'anguilla fritta a tranci viene immersa in una soluzione di aceto, vino bianco e spezie (aglio, alloro, rosmarino, peperoncino).
Le anguille vanno pulite ma non spellate. Lavatele e asciugatele. Tagliatele a tocchi di una decina di centimetri, infarinateli leggermente e friggete in olio bollente. Tamponare con carta assorbente e salare. Intanto preparate la salsa “escabece” portando a ebollizione 3 litri di aceto bianco, mezzo litro di vino bianco secco, 2 o 3 spicchi d'aglio, un peperoncino, qualche grano di pepe, un rametto di rosmarino e qualche foglia di alloro. Lasciate intiepidire e versate sulle anguille fritte. Lasciare riposare al chiuso in un luogo fresco per almeno un paio di giorni. In questo modo la pietanza può essere conservata in vasetti di vetro anche per diversi mesi. Il vino perfetto da abbinare è un bianco: l'Ansonica dell’Argentario, per restare in zona!