Il piombo di Magliano

Una piccola lamina di piombo incisa: uno dei pochissimi documenti scritti rimasti in lingua etrusca.

La Lamina plumbea di Magliano è una piccola lamina di piombo colato (di cm 8 x 7) ha una forma somigliante a un “cuore” e porta incisa sulle due facce, con un andamento a spirale dall’esterno verso l’interno, una lunga iscrizione di almeno 70 vocaboli.

E' uno dei pochissimi documenti scritti rimasti in lingua etrusca non del tutto decifrata. Ogni studioso in materia l'ha tradotta a modo suo e sempre parzialmente. Quasi tutti gli concordano che sia un opuscolo con indicazioni rituali. Secondo alcuni La lamina pare fosse custodita in una piccola borsa di cuoio oppure di panno, che era appesa al collo di una donna.

La teoria più nota è quella secondo cui la lamina conterrebbe una specie di breve preghiera che la donna ripeteva, forse ogni giorno, a suffragio dell’anima di suo marito, morto a 80 anni. Nella faccia B della lamina, in particolare, sembrerebbero indicati gli obblighi religiosi e rituali ai quali la donna si era impegnata.

Testo Etrusco e traduzione

Estratto dall’opera di Massimo Pittau, I grandi testi della Lingua Etrusca – tradotti e commentati, Sassari 2011.

 

Facciata A
CAUΘAS TUΘIU AVILS LXXX EZ XIMΘM CASΘIALΘ LACΘ HEVN AVIL NEŚL MAN MURINAŚIE FALZAΘI AISERAS IN ECS MENE MLAΘCE MARNI TUΘI TIU XIMΘM CASΘIALΘ LACΘ MARIŚL MENITLA AFRS CIALAΘ XIMΘM AVILSX ECA CEPEN TUΘIU ΘUX IXU TEVR HEŚNI MULVENI EΘ ZUCI AM AR
(Sia) protezione di Cauta all’80enne nella fossa purificata in tutto; (mio) marito defunto da un anno il Mane sepolcrale (ha mandato?) nel palazzo degli dèi; da me stessa l’ho affidato alla terra per protezione divina, nella fossa purificata in tutto da Maris il Donatore. Dei parenti da trent’anni in tutto o quel Capo (degli Inferi Calus) porta protezione (ed) equo giudizio globale dà (su di essi). Fa’ che questa sia la sentenza!

Facciata B
/ MLAX ΘANRA / CALUSC ECNIA \ IV \ AVIL MI MENICAC MARCA LURCAC EΘ TUΘIU NESL MAN RIVAX LEŚCEM TNUCASI ŚURIS EIS TEIS EVITIURAS MULSLE MLAX ILAXE TINS LURSΘ TEV \ HUVI ΘUN \ LURSΘ SAL \ AFRS NACES
Ed io ho fatto il voto di donare a Thanr e a Calus l’Infuocato per 4 anni mercede e cibo per la protezione del defunto Mane e per la (mia) casa in lungo e in largo (protezione) del dio Suri; per questo mese offro un voto in idromele (ogni) giorno al dio Laureato (Apollo); un ariete al Laureato, due sulla fossa dei (miei) famigliari.

Ma esiste un'altra ipotesi di traduzione per opera di Antonio Cavallazzi, un architetto milanese della prima metà del secolo scorso, che per passione ha studiato la lingua etrusca e che ha tenuto sott'occhio l'iscrizione delle lamine per dieci anni!

Antonio Cavallazzi, senza ombra di dubbio, corredando la sua tesi da uno scritto in cui sotto ogni frase etrusca c'è la corrispondente in italiano, asserisce che si tratta di una specie di ricettario contro alcuni comuni malanni: la malaria, l'emicrania e il mal di gola.

 

Ecco la traduzione dell'architetto Cavallazzi:
" Nell'infermità della febbre, fatte le sacre offerte, appartati per trenta giorni, stai coricato su una coltre di lana caprina; al mattino spremi attraverso un panno una manciata di cassia e di altea; sciogliendo di tanto in tanto il digiuno, tieni lontani i dolci vini e nutrisciti di farro. A guarigione avviata, rinforzati e quando lo scader della luna ti riconduce a casa al tuo giaciglio, di pelle ovina fai la tua sacra offerta insieme alla coltre di lana caprina e del panno con entro un pugno di cassia e di altea. Quando vuoi combattere il tormento che perturba il cervello, prendi un batuffolo di lana caprina e comprimendolo nel ricino salato ridotto in schiuma, avvolgiti delicatamente il capo, poi compi le sacre offerte spargendo profumi; l'umore tiepido coland fuori evapora per l'aria. Se il male ti tornasse, taglia come è d'uso con una falciuola il gichero e insieme con malva pesta, questa erba mortifera in un velo avvolgi e torcendolo con forza, alza e spremi contro la parte malata del capo; quando le stille espellono il male fai ancora le tue sacre offerte, sciogliendo il digiuno di tanto in tanto mangiando delle radici. Quando per lungo gridare cadi ammalato con la voce arrocata e lo spasimo del sibilo dentro, raccogli del mirto e della malva, getta il tutto in una pentola bollente e se ti senti la forza di propenderti sopra, il vapore ti allieverà l'oppressione; sentendoti ancora la forza di propenderti sopra potrai espellere completamente il male facendoti suffumigi con del nardo ridotto in schiuma".

 

Non vi ha convinto né l'una né l'altra ipotesi? Provateci da soli!

….... SCHERZAVO!!!!!

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Autore dell'articolo: Marilena

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